COMUNITA' RUTIGLIANO 3

Comunità M A S C I Rutigliano 3 "DUC IN ALTUM"

giovedì 23 giugno 2016

"LETTERA APERTA" DI PAOLO DELLA COMUNITA' RUTIGLIANO 3

A Nicola, Rosalinda, Mimino, Bice, Don Pierino




amicìzia s. f. [dal lat. amicitia, der. di amicus «amico»]. – 1. a. Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima: a. profonda, pura, disinteressata.

Scusate se mi permetto di scrivervi due parole,  non sono un oratore e tendenzialmente sono restio ad esprimere i miei sentimenti, le mie emozioni, ma,  giunto ormai la fine di questo anno associativo, volevo ringraziarvi per quello che avete rappresentato per me.
Sapete bene che quello appena trascorso è stato un anno molto particolare, che ci ha messo a dura prova; le lotte, le discussioni, il travaglio interiore che ha preso tutti noi e che ci ha spinto ad intraprendere una strada nuova. E poi piano piano, siamo ripartiti, ci siamo stretti l’un l’altro, abbiamo lavorato, ci siamo divertiti, abbiamo fatto Strada, abbiamo fatto Comunità (di intenti, di azioni ).

Per questo, GRAZIE, avete rappresentato per me tutto quello che è la mia percezione dello Scoutismo, quello con la S maiuscola.

Auguro a tutti di mettere lo zaino in spalla e camminare insieme  facendo strada: camminanti, non erranti, e non quieti.

Siamo dello stesso sangue, tu ed io!

Paolo


sabato 18 giugno 2016

CAMPO REGIONALE MASCI 10-12/ GIUGNO 2016


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LA COMUNITA' MASCI RUTIGLIANO 3 ALL'INCONTRO CON ENZO BIANCHI

Enzo Bianchi, colui che ha dato inizio all’ esperienza monastica delle comunità laiche, che si riconoscono nella Chiesa cattolica, ha tenuto domenica 5 giugno 2016 Fraternità di Bose in Ostuni il suo consueto incontro con la comunità locale. Scrittore e giornalista, Enzo Bianchi ha intrattenuto i presenti, qualche centinaia di persone, con un lungo e appassionante commento all’ultima enciclica di Papa Francesco, “Amoris Laetitia”.




«Quello di cui la Chiesa deve occuparsi sono le storie d’amore – dice Enzo Bianchi – quindi dell’inclusione di separati e divorziati, delle famiglie “atipiche” e degli omosessuali. Il mondo è cambiato, bisogna comprendere che la sessualità è cambiata. Per fortuna nessuno dice più che l’omosessualità è una malattia, ma resta il fatto che è sicuramente un enigma che tutti devono accettare. Infierire su quelle che sono delle persone già messe alla prova dalla vita, è pura cattiveria integralista. Bisogna imparare una nuova grammatica antropologica, ricordare che il cristiano ha un profondo rispetto per il mistero della persona, della vita altrui, attua e professa la carità umana.
Per questo ritengo che il Governo abbia fatto bene a riconoscere le unioni civili, perché chiunque ha diritto di amare ed essere amato. Ugualmente la comunità cristiana e la Chiesa devono accogliere le persone divorziate, come fedeli che vanno accompagnatiaiutati a capire e integrati.
È compito della Chiesa e dei suoi Pastori includere, piuttosto che mettere ai margini; seguire prove e difficoltà dei soggetti che si trovano nella situazione di dover venire meno al giuramento del matrimonio. Il buon pastore aiuta a discernere, ovvero a operare secondo la propria coscienza.
Nella Chiesa Cattolica invece negli ultimi decenni è stata vietata la libertà di coscienza, ogni libera scelta veniva condannata a priori, e ci vorrà ancora molto tempo per abituare le nuove generazioni ad agire secondo coscienza. Dobbiamo cambiare prospettiva in maniera critica, comprendere che l’eucarestia non è un premio per i cristiani forti, ma per i fedeli deboli, se non sono guidati dalla consapevolezza.
Esercitare la propria coscienza significa vivere un fede matura. Chi ha coscienza non ha paura di niente e di nessuno e va avanti con la schiena dritta. La nostra consapevolezza è il dono più grande di Dio, cosa che purtroppo, per centinaia di anni, ci è stato tenuto nascosto».