«Quello di cui la Chiesa deve occuparsi sono le storie d’amore – dice Enzo Bianchi – quindi dell’inclusione di separati e divorziati, delle famiglie “atipiche” e degli omosessuali. Il mondo è cambiato, bisogna comprendere che la sessualità è cambiata. Per fortuna nessuno dice più che l’omosessualità è una malattia, ma resta il fatto che è sicuramente un enigma che tutti devono accettare. Infierire su quelle che sono delle persone già messe alla prova dalla vita, è pura cattiveria integralista. Bisogna imparare una nuova grammatica antropologica, ricordare che il cristiano ha un profondo rispetto per il mistero della persona, della vita altrui, attua e professa la carità umana.
È compito della Chiesa e dei suoi Pastori includere, piuttosto che mettere ai margini; seguire prove e difficoltà dei soggetti che si trovano nella situazione di dover venire meno al giuramento del matrimonio. Il buon pastore aiuta a discernere, ovvero a operare secondo la propria coscienza.
Nella Chiesa Cattolica invece negli ultimi decenni è stata vietata la libertà di coscienza, ogni libera scelta veniva condannata a priori, e ci vorrà ancora molto tempo per abituare le nuove generazioni ad agire secondo coscienza. Dobbiamo cambiare prospettiva in maniera critica, comprendere che l’eucarestia non è un premio per i cristiani forti, ma per i fedeli deboli, se non sono guidati dalla consapevolezza.
Esercitare la propria coscienza significa vivere un fede matura. Chi ha coscienza non ha paura di niente e di nessuno e va avanti con la schiena dritta. La nostra consapevolezza è il dono più grande di Dio, cosa che purtroppo, per centinaia di anni, ci è stato tenuto nascosto».
Nessun commento:
Posta un commento
aggiungi un tuo commento